Vucevic e Wright, anomalie della NBA di oggi

­­Se la scorsa volta abbiamo messo in luce come la NBA si stia trasformando, anno dopo anno, in una Lega sempre più “small oriented”, avvalorando la tesi secondo cui il gioco d’oltreoceano sia nel pieno di una mutazione genetica che lo porterà ad esprimere filosofie offensive sempre più “perimetrali”, in questa puntata di NBA Corner vogliamo andare ad analizzare alcune di quelle che sono, a detta di molti analisti, vere e proprie anomalie tattiche che stanno caratterizzando questo primo scorcio di stagione, prendendo ad emblema due situazioni che permettono una buona lettura di questo fenomeno atipico: Nikola Vucevic e Brandan Wright, due dei “big men” più in forma di questo inizio di regular season.

Tralasciando le vicende dei soliti noti Cousins e Davis (forse i due lunghi con più appeal in questo momento), quello che si vuole mettere in evidenza in questa sede è che, stante la “small-ball tendency” di cui sopra, alcuni coaching staff sono ancora inclini ad avere un approccio più tradizionale verso il proprio sistema offensivo, prediligendo la democratica ripartizione dei possessi in attacco tra backcourt e frontcourt, piuttosto che mettere la palla nelle mani delle proprie guardie ed aspettare la prossima invenzione dal pick&roll o da situazioni di isolamento sul perimetro.

In questo senso, Vucevic e Wright ben sostanziano quest’attitudine direi quasi “old school” dei propri allenatori, Jacque Vaughn da una parte e Rick Carlisle dall’altra, nello sfruttare a pieno le potenzialità del gioco nel pitturato dei lunghi a disposizione.

Il montenegrino dei Magic sta avendo la stagione più esaltante da quando tre anni fa ha deciso di salire tra i pro. Si sta caricando sulle spalle gran parte del lavoro offensivo della propria squadra, come testimonia il 25.3% di Usage Rate (ovvero la percentuale di possessi offensivi “usati” dal giocatore quando è in campo), dato più alto in squadra. Solo l’anno scorso lo stesso dato parlava di 21.6% dei possessi giocati dal montenegrino (4°). E sta rispondendo con cifre da élite NBA, 19.4 punti a serata al 52.5% dal campo, conditi da oltre 12 rimbalzi di media (attualmente terzo nella Lega).

Secondo SportVU, i Magic sono la quinta squadra NBA per tiri tentati nel pitturato (13.8 di media, con il 34%), la settima per tiri tentati nella restricted area (28.6, con il 60%), concludendo il 49.5% dei propri possessi entro 3 metri dal ferro.
In sostanza, questi numeri ci mostrano la predilizione di Vaughn per il gioco interno rispetto a quello perimetrale, affidando gran parte delle proprie responsabilità offensive ai Vucevic, Harris e Gordon di turno (il PIE aggregato di questi tre risulta essere il 39.9%; il PIE stima l’impatto di un giocatore sulla squadra attraverso la percentuale di eventi della partita che lo coinvolgono).

Il sistema costruitogli attorno, dunque, sta contribuendo ad esaltare le qualità di Vucevic, che quest’anno sembra essere entrato di diritto nella top-3 dei centri NBA, come giustamente messo in evidenza da Doc Rivers il quale ha tenuto a definire il nostro come “il miglior giocatore che nessuno conosce”.
La discussione sul fatto che i suoi numeri siano “drogati” dal fatto di giocare in una squadra di medio-basso livello, poi, secondo me tiene poco, soprattutto in virtù del fatto che gente come Chris Bosh ai tempi di Toronto, Kevin Love a Minnesota, ma anche i più attuali Davis e Cousins nelle rispettive franchigie, venivano e vengono tutt’ora osannati nonostante giocassero in squadre non propriamente da titolo.

Il centro di Orlando è quindi uno degli esempi più validi di come persista ancora, nella Lega più bella del mondo, una corrente di pensiero che fa del gioco più corale ed interno il suo mantra, discostandosi da quella che è la moda attuale di molti coaching staff NBA.

Allo stesso modo, la stagione finora disputata da Brandan Wright, centro di riserva tra le fila dei Dallas Mavericks, è sintomatica di questa scuola cestistica. Il lungo scelto da Golden State nel 2007 è il giocatore più “on fire” tra quelli a roster dei Mavs: tira con il 78.5% dal campo, la miglior percentuale dell’intera NBA tra chi gioca almeno 10 minuti a partita (http://bkref.com/tiny/KQkb6), con un PIE del 17.4%, il valore più alto in una squadra che annovera tra gli altri Nowitzki, Parsons e Chandler.  Per farvi capire la portata del suo miglioramento, solo l’anno scorso lo stesso Wright tirava con il 67.7% avendo un PIE del 13.7%.

Sebbene non sia il nome più altisonante ad una prima lettura del roster creato da Mark Cuban, Wright sta avendo un impatto devastante sulle sorti offensive dei suoi, come messo in evidenza anche dai numeri che vedono innalzare l’offensive rating di squadra a 119.5 punti quando il nostro è in campo.
Giocando da 5 in alternanza a Chandler e al fianco di un futuro Hall of Famer come Nowitzki, Wright ha imparato negli anni a leggere le spaziature create dal teutonico, che se impegnato in un pick&pop fuori dal perimetro costringe il proprio marcatore a restargli vicino creando spesso dei buchi notevoli nel pitturato, dove Chandler e appunto Wright possono alzare la voce.

L’ex-Tar Heels, assieme ai compagni di reparto (Nowitzki, Chandler e Aminu), è tra gli artefici principali della riuscita del sistema offensivo dei Mavericks, primo nella NBA per punti segnati ogni 100 possessi (115.9).
Un attacco che preferisce i “long two” e il gioco nei pressi del ferro alle conclusioni dalla lunga distanza (http://i58.tinypic.com/2agoxdw.png) , e che ha in Monta Ellis l’uomo che può spaccare definitivamente in due la difesa avversaria mettendola di fronte ad una scelta, spesso decisiva (primo per penetrazioni a partita in tutta la NBA l’anno passato), tra il difendere la sua strada verso il canestro, porre attenzione al tiro da fuori di Nowitzki e non aiutare per non concedere spazio alle giocate aeree di Chandler e Wright.

Anche quello di Dallas dunque, è uno dei pochi sistemi rimasti in grado di esaltare a pieno le qualità dei propri “big men”, in controtendenza rispetto a quella che abbiamo definito essere l’evoluzione del gioco della pallacanestro.

 

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